Ieri è stato un giorno importante.
Dopo tanti anni che avevo pensato di invitarla qui da noi, Anna Ceccacci è venuta a visitare la nostra scuola.
<<Chi è Anna Ceccacci?>>, chiede qualcuno di voi. Beh, per chi non la conoscesse, è una formatrice storica dell’Opera Nazionale Montessori, che ha lavorato a contatto con Flaminia Guidi dal 1979, per più di venti anni, e poi ha continuato tutta la sua carriera di insegnante nel famoso gruppo di Roma, via Lemonia (ex Viale Spartaco). Ho una grandissima stima per lei, e la considero attualmente una delle voci più importanti sul Montessori presenti in Italia.
Approfittando della sua disponibilità, due mesi fa la invitai a fermarsi un giorno qui, nei dintorni di Firenze, per venire a vedere cosa eravamo riusciti a tirare su a San Polo, dal niente. Una scuola Montessori che rispetti tutti i criteri di qualità raccomandati da lei e dal suo gruppo in un articolo pubblicato nel 2015, proprio non lo siamo. Ad esempio, metà dei nostri insegnanti non hanno la specializzazione Montessori (e una buona parte sono supplenti annuali), figuriamoci poi che secondo quell’articolo anche ATA e Dirigente dovrebbero essere formati, e possibilmente stabili.
Otto anni fa, quando iniziai l’avventura di San Polo, avevo preso a modello proprio lo standard di via Lemonia, per provare ad animare qui “lo spirito” di una autentica scuola Montessori, più che “il metodo”. Già, perché purtroppo talvolta gli insegnanti che escono da una formazione, sprovvisti di un mentor esperto che li guidi e di modelli di qualità a cui fare riferimento, pensano che il metodo Montessori sia un insieme di presentazioni dei materiali, senza porsi il problema di come queste vadano inserite in una profonda comprensione dei principi e degli orizzonti. Insomma, volevo sapere se al punto in cui San Polo si trova adesso Anna avrebbe potuto riconoscere qualcosa di quello “spirito” anche nella nostra scuola, pur con tutti i difetti e le mancanze tecniche a cui andiamo incontro nel far fronte alla caotica situazione della scuola statale.
Ebbene sì, pare che qualcosa di buono lo abbia trovato (conoscendola, credo che non sia stato solo per compiacerci).
Ma la cosa interessante è stata la ricchezza della restituzione che ha dato a tutto il gruppo di noi docenti su cosa potevamo migliorare. In circa un’ora spesa con noi durante la nostra programmazione, lei ha parlato (secondo i miei appunti) almeno di ventuno diversi argomenti. Per inciso, in tutto questo le presentazioni dei materiali hanno occupato non più di quattro minuti. Tutto con un’umiltà e una gentilezza tali da rendere disponibili tutti, compreso coloro che ancora devono assimilare la profondità e la vastità dell’approccio Montessori, ad ascoltare anche le proposte più radicali.
Lasciatemi condividere qui qualcuno dei ventuno argomenti su cui ha portato la nostra riflessione.
1) L’importanza di alleggerire il mobilio, realizzabile solo con tavoli (e sedie) fatte su misura da un falegname, perché nessun produttore “Montessori” è all’altezza di un lavoro artigianale.
2) Ordine. Siamo consapevoli di quanto è importante? Negli scaffali per i bambini, ma anche nei nostri spazi che però sono sotto gli occhi dei bambini, alle pareti, sul pavimento, sui tavoli. Semplicità, funzionalità, sobrietà, e tutto a confluire nella bellezza. Il disordine esterno nei bambini diventa disordine interno. Perché, attenzzione: l’ordine è un motivo costruttivo della personalità.
3) Stanchezza. Ci dice Anna: <<stanchezza? Ma non è possibile, i bambini sono diversi dagli adulti, non si stancano>>. Non hanno bisogno di interruzioni, pause, ricreazioni. In viale Spartaco, negli anni ’80, la scuola elementare andava avanti ininterrotta dalle 8:30 alle 14. Poi pranzo, dopodiché ricreazione fuori con le operatrici del dopo-scuola. La merenda libera, senza interrompere il lavoro. Quella che sembra “stanchezza” in un bambino in realtà è una non rispondenza dell’attività all’interesse profondo del bambino. Se quell’interesse è acceso, non c’è stanchezza che tenga. Esiste, casomai, una “falsa stanchezza”, che spesso si presenta dopo un paio d’ore di lavoro (è tutto riportato nelle curve di lavoro sull’”Autoeducazione”). Quella proprio non deve essere interrotta. E’ quando viene superata in autonomia che il bambino generalmente affronta il lavoro più importante della giornata. Se si interrompe, si nega questa possibilità di autoregolazione e di crescita.
Il gioco esterno e fisico può essere utile dopo pranzo. Ma se il tempo-scuola è tutto dei bambini, come dovrebbe essere in una scuola Montessori, e sappiamo quanto sono preziose le ore della mattina, perché interromperle con una ricreazione? Ricreazione da cosa?
7) Soglia dell’intervento. Noi insegnanti interveniamo sempre troppo. Dobbiamo osservare, riflettere, e se qualcosa di importante possiamo fare per un qualche bambino, annotarcelo e riproporlo in un momento neutro, magari il giorno seguente. Interrompere un bambino che sta facendo qualcosa, questo non lo dobbiamo fare quasi mai. Essere disponibili a richiesta sì, ma l’intervento dell’adulto non richiesto dal bambino deve essere raro, solo quando è strettamente necessario: per un pericolo, o quando il lavoro degli altri è disturbato.
10) Correzione. Quando si può evitare, evitiamo di correggere. Se è necessario correggere, facciamolo con estrema leggerezza e discrezione. Mai mettere mano, o segni, sul lavoro di qualcuno. Una cosa che Flaminia Guidi suggeriva con i bambini più grandi, era di guidarli a ritagliare pezzetti di testo, sintagmi, parole da correggere, e poi riattaccarli migliorando la frase, il periodo. Con lo stesso processo utilizzato per l’analisi logica e del periodo. Sistema interessantissimo che ho messo subito alla prova.
E poi ancora e ancora: di come l’interesse e il piacere di apprendere nel secondo piano di sviluppo sono totali, a 360 gradi, e non settoriale come spesso credono gli adulti (“a mio figlio non piace la matematica…”); di come partire dalle esperienze dei bambini e dell’importanza degli esperimenti come base per il sapere teorico; di un’educazione per i genitori.
E allora, la domanda sorge spontanea:
<<Anna, quando tornerai la prossima volta?>>.